Coronavirus…nota del prof. Giuliano Orel

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NOTE A MARGINE DEGLI ARTICOLI: “STRATIFICAZIONI DELLA BASSA ATMOSFERA, CONDIZIONI DI RISTAGNO E CORONAVIRUS. IL CASO DELLA VALLE PADANA”*, “COVID 19, CLIMA E METEOROLOGIA. UN RAPPORTO SOTTOVALUTATO SOPRATTUTTO NEL “CASO LOMBARDIA””° E “CONSIDERAZIONI SUGLI SVILUPPI DELL’EPIDEMIA DI COVID 19 IN ITALIA SETTENTRIONALE IN RELAZINE ALL’IPOTESI DI CONTAGIO VIA STRATO COME CONSEGUENZA DELLE INVERSIONI TERMICHE INVERNALI CON STAGNAZIONE AI LIVELLI ATMOSFRICI PIU’ BASSI PER CARENZA O ASSENZA DI VENTILAZIONE.”

Come per il mare, anche per l’atmosfera, si è in genere portati ad immaginare una massa unica di fluido omogenea ed indifferenziata in ogni sua parte. Non è così! Per ciò che concerne l’atmosfera, già a livello di macroscala vengono descritte una troposfera, o sfera del movimento, o del cambiamento, una stratosfera, una mesosfera, ecc… Nella troposfera avvengono i fenomeni meteorologici: i venti che interessano più direttamente la superficie terrestre, le nubi, la pioggia, la grandine, la neve, …, fenomeni di “movimento”. In alcune zone, soprattutto tra fine autunno ed inizio primavera questi movimenti si attenuano e l’aria si stratifica in funzione della densità a cui concorrono la bassa temperatura, aumentandola, e l’umidità diminuendola (il vapore acqueo e quindi le nubi si accumulano infatti verso l’alto in quanto l’aria umida è più leggera dell’aria secca). Durante l’inverno, in regime di alta pressione, con cielo sereno e calma di vento la stratificazione si accentua perché durante la notte il suolo cede calore al cielo per irraggiamento e al mattino gli strati bassi dell’atmosfera risultano più freddi di quelli soprastanti (si parla in questi casi di inversione termica) e ciascuno di essi tende a mantenere sua individualità in quanto dotato di una temperatura ed una umidità, cioè di una densità sua propria, comunicando molto poco con gli altri. Chi si occupa di fumi industriali sa che in una atmosfera stratificata i fumi emessi da una ciminiera si propagano paralleli al terreno per lunghe distanze mantenendo pressoché inalterate le concentrazioni di inquinanti del punto di emissione, come se scorressero in un tubo. E’ capitato a tutti di avvertire talvolta il profumo di una donna o quello del dopobarba di un uomo a 5, 6 ,… 10 metri di distanza. Ebbene, quel profumo e quel dopobarba non erano altro che molecole staccatesi dal corpo di quella donna o di quell’uomo che, dopo un tragitto di parecchi metri, erano giunti alle nostre narici ed erano state inalate. In condizioni analoghe, se una persona fuma una sigaretta mentre passeggia, si vedrà che il fumo, una volta acquisita la temperatura e l’umidità, cioè la densità, dell’ambiente in cui è stato emesso, diffonderà in modo limitato verso l’alto e tenderà a stagnare nello strato in cui è stato rilasciato, come succedeva nei cinema, quando vi si fumava. La persona che lo segue sarà costretta ad inalare parte di quel fumo: è per questa ragione che il fumo è stato vietato, oltre che nei luoghi chiusi, anche in particolari luoghi aperti al pubblico come nelle stazioni ferroviarie, nei bar e ristoranti all’aperto ed anche in parchi frequentati dai bambini. Si pensi ora che l’aria espirata da un portatore di virus sia come una nube di fumo: in una atmosfera fortemente stratificata e stagnante il suo respiro viene intrappolato nello strato in cui è stato liberato, che funge allora di serbatoio di virus. Se un gran numero di persone contagiate respirano nel medesimo strato, é evidente che la concentrazione di cariche virali aumenta e diviene idonea a contagiare eventuali passanti non infetti. Esempi su piccola scala di questi meccanismi si sono emblematicamente manifestati in mattatoi o altri impianti di lavorazione di carni, dove, per esigenze produttive, l’atmosfera viene artificialmente mantenuta redda e umida. In ambienti aperti, questi fenomeni non si verificano nel periodo estivo, caratterizzato da spostamenti di aria calda dal basso verso l’alto° o in periodi di instabilità atmosferica con buona ventilazione. E’ verosimilmente questa la ragione per cui durante quest’estate, dai primi di maggio a fine settembre, i contagi si sono mantenuti molto bassi e la curva epidemiologica é passata da un andamento esponenziale ad uno di tipo asintotico per poi impennarsi nuovamente ad ottobre. Ed é verosimilmente questa la ragione per cui nelle zone costiere, caratterizzate da brezze nel corso di tutto l’anno, i contagi sono stati complessivamente più contenuti rispetto alle zone interne. Al contrario, una delle zone interne in cui durante l’inverno si verifica una forte stratificazione atmosferica a livello del suolo e la formazione di fitte nebbie, che ne sono la testimonianza più evidente, è la Valle Padana, dalla zona di Ferrara-Bologna alla zona di Milano. Situazioni analoghe caratterizzano, su più piccola scala i fondovalle alpini o appenninici che si aprono verso la valle del Po, piccole zone continentali, come la Capitanata (Foggia), in Italia, o la conca di Lubiana in Slovenia, e su più ampia scala le pianure centrali di Spagna, Francia e Germania, dove soprattutto quest’anno l’incidenza della pandemia é stata maggiore. La nebbia è infatti una delle conseguenze della stratificazione e del ristagno e si forma quando, dopo un forte irraggiamento serale-notturno verso un cielo sereno, l’aria a livello del suolo è tanto fredda da non consentire la diffusine verso l’alto del vapore acqueo (umidità) che la caratterizza. In questi strati vengono imprigionate anche le polveri sottili ed ultrasottili (comprendenti anche particelle delle dimensioni di un virus: nel caso specifico 0.080-0.160 micro-metri) ed altri inquinanti. In rete si possono trovare infinite immagini aeree o satellitari a questo riguardo. Ebbene, la presenza e la permanenza per qualche ora di particelle virali in questi strati, paragonabili ad ambienti chiusi, potrebbe essere una delle cause dell’esplosiva diffusione del contagio in tutta la Valle Padana più interna, rendendola un fatto a sè stante in ambito italiano. Queste osservazioni, una volta convalidate, quantomeno in termini statistici, come peraltro si è tentato di fare negli articoli citati nel titolo, dovrebbero essere tenute in stretta considerazione per non arrivare, dopo una fase di rilassamento estivo, ad attività a pieno ritmo e strade, mezzi di trasporto, scuole, negozi, bar e ristoranti aperti, alle soglie di un inverno simile a quello appena trascorso. Chi ha seguito in TV quanto succedeva in Cina lo scorso inverno ricorderà certamente le immagini di grosse autobotti intente a nebulizzare sostanze igienizzanti a partire dal suolo fino ad altezze corrispondenti quantomeno alle finestre dei primi piani delle abitazioni. Ebbene, quale funzione possono aver avuto queste operazioni se non quella di sanificare gli strati atmosferici più bassi, quelli in cui avviene la respirazione? Possono essere concepite operazioni di questo genere anche in Italia per lo meno nelle zone conosciute e mappate per le maggiori concentrazioni di polveri sottili, verosimilmente corrispondenti alle zone di maggior concentrazione di particelle virali? E’ ovvio che, verificata ed accettata questa ipotesi su questa ulteriore, importante e finora trascurata via di contagio, anche gli altri presidi, soprattutto per le zone aperte, ma non solo, dovrebbero essere ricalibrati.

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Giuliano Orel

*Si vedano: www. LAGUNAMAG.IT (SPECIALE “PESTILENSIE”, MAGGIO 2020).
la voce.hr (la voce del popolo, 04 luglio 2020, ESULI).
www. sedevg.rai.it (Sconfinamenti, 27.07.20).
°Nota postuma. TG3 delle 19.30 del 27.10.2020. Dalle terme di Saturnia: nelle terme italiane non si è verificato nessun caso di Covid. In efetti, le superfici calde determinano dei moti ascensionali che trascinano verso l’alto eventuali cariche batteriche, rendendole indisponibili al contagio.

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