Pascoli e animali perduti?

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L’abbandono dell’Altopiano dei Cici da parte dei suoi abitanti a seguito dell’ instaurarsi anche qui di quel diffuso fenomeno sociale che va sotto il nome di abbandono delle terre marginali sta per completare.

E oggi ciò che più colpisce e rattrista è la visione di un territorio in progressivo ed inesorabile degrado, la sparizione della landa carsica frutto della presenza secolare dell’uomo e del suo lavoro, fonte di ricchezza e di vita e del conseguente degrado del territorio nel suo complesso con i suoi borghi deserti, quasi presagio di una società morente.

E con l’esaurirsi della pastorizia principale attività economica della sua popolazione muore una cultura , la cultura dei pastori che ha segnato profondamente le civiltà del Mediterraneo ed ispirato le sue religioni.

L’abbandono del prato-pascolo da parte del pastore ne decreta la morte .

I prati pascoli hanno subito un fortissimo degrado anche a causa della quasi completa assenza dell’insetto pronubo per eccedenza , l’ape, che a seguito dell’inopinato impiego di sostanze chimiche a livello planetario ha ridotto la presenza della sua componente selvatica, cosicché le essenze anemofile ed in particolare graminacee ossia quelle la cui impollinazione è esercitata dal vento piuttosto che da insetti pronubi hanno avuto il sopravvento sulle altre ed in particolar modo nel confronti delle leguminose.

Profondamente mutato l’universo degli insetti che è alla base e caratterizza la vita e la salute del pascolo; modificata ed alterata anche la presenza dei piccoli mammiferi partecipi anch’essi dell’equilibrio ambientale.

L’assenza delle pecore li ha privati poi della concimazione, nutrimento fondamentale al loro rigoglio, e per un fenomeno di cui si è già fatto cenno in altre parte di questa raccolta sono scomparse o la cui presenza estremamente ridotta di quelle essenze vegetali che la pecora durante il pascolamento bagnandole con la propria saliva dotata di particolari essenze ne sollecita la diffusione.

La percentuale poi della zona erbosa soppiantata in gran parte da fenomeni di incespugliamento si riduce progressivamente.

Si è rotto l’equilibrio di un edificio, la landa carsica che l’uomo con il concorso della natura ha faticosamente costruito nei secoli

La Landa carsica è una formazione erbacea prevalente graminosa di aspetto sub-steppico, con cotica spesso discontinua, formatasi a seguito dell’azione dell’uomo sugli originari boschi carsici e poi mantenuti grazie alla attività di pascolamento.

All’interno di quest’abitat numerose specie illiriche, subendemiche quali ad esempio Iris Yllirica Genziana tegerstina,Jurinea mollis, Senecium lanatum,Satureia auspicata /liburnica, Frajllaria tenella, Centaurea rupestris, ecc.

La ricchezza di questi pascoli è assai elevata al punto che possono esser presenti fin a 60-70 specie vegetali su una superficie di 100 m2. All’interno di queste formazioni graminose si possono trovare anche praterelli appartenenti all’alleanza Alysso-Sedium.

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Tutte queste essenze rendono la Landa un universo di biodiversità nonché abitat preferenziale di numerose specie rare.

Veramente interessanti poi gli esperimenti della tutela del pascolo, che prendono in considerazione il carico di bestiame e i periodi di pascolamento in rapporto alla fioritura di essenze botaniche di particolare interesse effettuati in zone attigue alla territorio oggetto del nostro interesse che godono delle stesse condizioni geologiche altimetriche e climatiche della Ciceria

In prossimità del Castello di San Servolo , opera un gregge di un centinaio di pecore gestito con cura e sapienza che gode di pascoli in affitto ubicati nei pressi.. Quelle realtà pascolative usate con sapienza rappresentano un esempio eclatante di quanto bisogno abbia la Landa carsica della comunione della pecora e dell’ape.

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Puoi raggiungere la Ciceria attraverso molte e diversificate strade:

anche con il tram di Opcina ed inoltrarti verso la Ciceria tanto il carso triestino prosegue senza soluzione apparente di continuità con quello dei Cici, o attraverso le valli dei fiumi che dall’altopiano discendono al piano: la Rosandra, in gran parte invasi e nascosti dai rovi da cui scendevano a valle le greggi durante la demonticazione: tratturi.

Ma meraviglioso e non fantastico sarebbe il percorrere l’Altopiano partendo da Campomarzio con la vecchia ferrovia Trieste- Pola e godere di panorami ormai solo di sogno. La Valrosandra, e quella del Quieto e Pinguente, ammirate in giornate di nebbia sembrano mare costellato di isole, e percorrere verso l’Arsa e Chersano la piana di Cepic la terra dei Ciribiri istroromeni anch’essi, o da Lupogliano verso Canfanaro verso l’agro polese e raggiungere Medolino, Pomer e Promontore, mete e soggiorni invernali delle greggi dell’Altopiano.

E nonostante l’abbandono, l’Altopiano conserva un suo fascino, selvaggio e diverso in ogni stagione.

Impressiona il silenzio che ti avvolge ed al quale non eri più uso; camminando attraverso i sui innumerevoli sentieri di cui si sta perdendo traccia percorri a ritroso la storia e libero da affanni quotidiani, assapori tempi e spazi che non erano più tuoi, e complici emergenti fantasie ti sogni pastore anche tu a contemplare stelle che nelle notti cittadine sei riuscito a spegnere.

E qui puoi incominciare anche tu ad interrogar la silenziosa luna.

E lentamente ma sempre con maggior intensità incominci a percepire suoni ed armonie inusuali al cittadino, e poi odori e profumi ignoti, e ti accorgi che QUI c’è ancora vita, c’è speranza anche per te cittadino. In definitiva che finalmente SE POL.

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