Vergarolla, dal dolore una speranza

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Strage di Vergarolla

Il ricordo di una strage che ha segnato drammaticamente il destino di Pola

Il 18 agosto del 1946, data dell’eccidio di Vergarolla, in cui trovarono la morte, nell’esplosione di numerosi ordigni bellici accatastati sulla spiaggia, oltre un centinaio di polesani che si erano radunati per seguire gli eventi sportivi della Coppa Scaroni, ha segnato drammaticamente il destino della città, l’anima e la memoria degli istriani, contribuendo ad alimentare, con l’angoscia provocata dall’incomprensibile ferocia di quell’evento e il peso del suo presagio, l’esodo degli italiani.

Lapide commemorativa della strage di Vergarolla a Pola
Lapide commemorativa della strage di Vergarolla a Pola

Quelle esplosioni che smembrarono e dispersero decine di corpi, segnando lo sgomento e il lutto di numerose famiglie, produssero nella città una frattura insanabile. Nulla sarebbe rimasto come prima; la violenza, l’odio, l’intolleranza, l’incomprensione, le divisioni politiche e ideologiche avevano fatto il loro corso, inoculato i loro veleni nell’anima di una terra travolta dalle conseguenze di una guerra ingiusta che, con il Trattato di Pace di Parigi, di lì a poco, sarebbe stata assegnata ai vincitori.

Il 18 agosto del 1946 – un anno dopo la fine della guerra – era un giorno festivo, ferragostano, che per i polesani doveva essere un momento di svago, di serenità, una parentesi felice in quel periodo turbolento per la Città dell’Arena. La deflagrazione, la devastazione e la morte di tante persone innocenti, vittime della crudeltà e della barbarie, risvegliò tutti dal tepore estivo di un sogno; quello di credere fosse possibile continuare a vivere serenamente nella propria città. Come l’avvicinarsi di una burrasca all’orizzonte rivelò il triste destino di Pola e dell’Istria.

Qui non si poteva rimanere. In queste contrade sarebbe stato difficile vivere, coltivare la propria identità, i propri desideri, le proprie speranze. Dopo la guerra non ci sarebbe stata la pace.

I morti identificati furono 65; i resti ritrovati corrispondevano a 109, o 110, o 116 diversi corpi. I feriti furono 211. Quasi un terzo erano bambini o avevano meno di 18 anni. Ad essi si aggiungono altri 5 anonimi dispersi. Alcune persone furono letteralmente “polverizzate”: è una delle cause per cui non si è riusciti a definire l’esatto numero delle vittime, ancora controverso. Il chirurgo Geppino Micheletti, cugino del filosofo goriziano Carlo Michelstaedter, che nell’esplosione perse non solo il fratello e la cognata, ma soprattutto i suoi due unici figli, continuò ad operare e ad occuparsi dei feriti per più di 24 ore all’ospedale di Pola.

Una volontà di morte sorta all’improvviso, del tutto inaspettata, senza firma e senza nessuna assunzione di responsabilità. I mandanti, gli esecutori dell’eccidio, rimangono ancora oggi ignoti. La Strage di Vergarolla è diventato un nodo cruciale di valenza politica, in cui ogni tentativo di discorso esplicativo sembra strumentale: a volte si può parlare, anche per questo accadimento tragico, di un uso politico della storia che genera odio.

Il Circolo “Istria”- propositore dell’iniziativa – ha contribuito a collocare, anni fa, assieme alla Comunità degli Italiani di Pola e alle altre associazioni dell’esodo, un cippo commemorativo in ricordo delle vittime della strage a fianco del Duomo di Pola. Dal 1996, data del cinquantesimo dell’eccidio, i polesani rinnovano ogni anno il ricordo delle vittime, con una mesta cerimonia di fronte al cippo, e la partecipazione ai riti religiosi officiati nel Duomo. Di anno in anno la cerimonia assume una valenza e un significato sempre maggiori, con la partecipazione sentita della Città e di tutti i suoi cittadini, oltre che di un numero sempre maggiore di soggetti e istituzioni, oltre a quelli della minoranza e delle associazioni dell’esodo. In quell’occasione, nei discorsi commemorativi si parla di pace, di superamento di ogni violenza, di necessità di continuare e rafforzare la conoscenza reciproca tra popoli, tra andati e rimasti, tra nuovi venuti e residenti autoctoni. Tutti insieme si uniscono nel gesto simbolico di gettare in mare una Corona di Rimembranza, proprio dalla spiaggia dove è avvenuta la strage.

E’ un momento di incontro e di doverosa commemorazione che ci spinge a guardare avanti, oltre ogni divisione e contrapposizione, per cercare di costruire, in questa nostra terra plurale che sin troppo ha sofferto nel passato, dei ponti di dialogo, delle nuove possibilità di umana convivenza.

E’ questo l’auspicio e soprattutto, il senso dell’azione che da sempre ha ispirato il Circolo di cultura istro – veneta “Istria” di Trieste, fra i principali fautori del doveroso ricordo delle vittime della strage di Vergarolla (la più grande strage avvenuta, allora, in Italia).

Un atto di doverosa consapevolezza e di orgoglio, per chi, come noi, si è sempre speso per sviluppare, con il dialogo e la collaborazione transfrontaliera, un vero clima di amicizia e le condizioni, anche nei momenti più difficili, per coltivare la speranza.

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